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Vajont: una storia di dolore da non dimenticare

La diga del Vajont
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Si muovono seguendo il ritmo del vento fendendo l’aria, tagliandola e producendo un suono simile ad un chiacchiericcio.
Si muovono come in una danza ora lenta, ora veloce: su e giù, ancora su e poi ancora giù…
E’ l’arcobaleno di colori che domina da lassù e che riesce, a modo suo, a distogliere lo sguardo da laggiù e che confonde. 
Perché poi non sai più dove guardare….
 
Sono le bandierine del Vajont…
Sono le 485 bandierine del Vajont.
Una per ogni figlio sotto i 15 anni che non c’è più e che se ne andò in quella tragica notte del 9 ottobre 1963.


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Le bandierine del Vajont : molto più che semplici bandierine. 
Ogni bandierina porta contrassegnato un nome e l’età.
Ma ci sono anche bandierine senza nomi ed età per tutti i bimbi mai nati e rimasti nella pancia della loro mamma.
Per sempre.
 
 
“Regalami tre giorni di silenzio, non ti chiedo altro” .
Questa la risposta alla  domanda di mio marito : “che cosa desideri per il tuo compleanno“?
E qualcuno si chiederà che regalo possa essere il silenzio. 
Ma io vi garantisco che con tre bambine in famiglia esso è cosa assai rara e preziosa. 
Ecco il perché della mia richiesta.
 
Decidiamo dunque per un preziosissimo week end “a due” contando sull’impagabile aiuto dei nonni e dello zio che si offrono come baby sitter.
E partiamo per una meta che era nella wish list da molto tempo.
Il Vajont.
La diga.
La sua storia di dolore.
Ed il silenzio.
 
Ma se anche me lo avessero raccontato, non avrei capito con che tipo di silenzio mi sarei misurata.
 
Decidiamo, prima ancora di visitare la diga, di andare in perlustrazione senza una meta fissa.
 
E subito dopo qualche curva, lasciandoci alle spalle il “colosso”, ecco il Monte Toc dal quale si staccò il pezzo di montagna che cadde poi nel Lago del Vajont.
E’ lì, davanti a noi, la tristemente famosa “M” di Müller , la forma della frana…..
 
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E’ esattamente in quel momento – guardando la conformazione della frana –  che ci si rende conto che è proprio lì, dove appoggiano i piedi, dove ora c’è la terra, l’asfalto e gli alberi ….che una volta c’era un lago….. 
Ed in fondo al lago, la diga.
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Ed invece, prima che tutto accadesse, questo angolo di paradiso si presentava agli occhi di tutti così:

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Per capire meglio, per comprendere da dove il silenzio che sentiamo dentro arriva ruggendo come un leone, ci avviciniamo alla diga e con i brividi a fior di pelle restiamo faccia a faccia con lei.

– Un mostro – penso io….
– Un capolavoro dell’ingegneria italiana – pensa mio marito….

Punti di vista…

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Ma ancora non ci basta e sentiamo il desiderio di guardarlo negli occhi quel silenzio che fa paura ma che al contempo ti attira come una calamita.
 
E decidiamo di attraversarla quella diga , di percorrere, durante la visita guidata, quel che rimane del suo coronamento.
La guida ci racconta di essere nativo di Erto e che, all’epoca, aveva sei anni. 
Quel che basta per ricordare ogni cosa…
Nessuno ha il coraggio di chiedere dettagli. 
Il suo sguardo resta fisso e immobile quando raggiungiamo il punto dal quale si vede, chiaramente, il canyon entro il quale scorre l’acqua,,,

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E’ una giornata lugubre di pioggia battente che va e viene. Giunti esattamente al centro della diga il vento, per la posizione in cui ci troviamo e per l’altezza, ulula e ci fa venire i brividi. 
Ma no, non sono brividi di freddo quelli che sentiamo.
E’ vedere dove quell’onda alta 230 metri si insinuò dopo aver scavalcato la diga ed è capire alla perfezione il percorso che compì trasformandosi in un’onda di morte e distruzione.
E poi è vedere, in, fondo, Longarone
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Eccola lì Longarone, davanti ai nostri occhi vista esattamente dal centro della diga…
 
“Povera Longaron, povera Longaron…”
 
Rasa al suolo dall’impeto dell’acqua, da tutto quello che essa si portò dietro e dai sassi della Valle del Piave….
In pochissimi minuti una scena apocalittica e più di 1900 morti.
E dopo tutto questo, come se non bastasse, la guida ci porta direttamente sulla frana  facendoci camminare su quella stessa terra che una volta, prima della catastrofe, si trovava in cima alla montagna.
 
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Con il silenzio sempre più “dentro” di noi, decidiamo di visitare Erto

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Anche qui i richiami alla tragedia sono visibili ovunque

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Sono scolpiti sulle case, nei cuori e nella memoria di tutti.
Ma anche il paesaggio circostante parla e mostra ancora, qua e là, il segno indelebile della furia dell’onda.

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Con il cuore davvero pesante lasciamo il luogo da dove tutto partì e percorrendo idealmente la strada che la furia dell’acqua percorse in quei quattro minuti, raggiungiamo Longarone. 
Una città nuova, moderna, una città completamente ricostruita.

E da lì volgiamo lo sguardo verso quella “V” che le due montagne formano e dentro le quali si trova incastonata la diga. 
Il tempo con i nuvoloni minacciosi certo non aiuta ad alleggerire l’animo e gli occhi non riescono a togliere lo sguardo.

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E’ allora che torna alla mente l’arcobaleno di bandierine.
Le bandierine dei bambini del Vajont…

E ci si rende conto che l’unico modo per alleggerire il cuore è non dimenticare….

Note tecniche

Per dormire in camper
 Il parcheggio nelle immediate vicinanze della diga è vietato ai camper. E’ necessario proseguire alcune centinaia di metri per trovare uno spiazzo sterrato, in leggera pendenza, ma con vista sulla diga. Più avanti, a Erto, è segnalato un parcheggio che non abbiamo visitato.
Per la notte ci siamo spostati, dietro consiglio di una famiglia di amici camperisti, a Barcis, in Val Cellina. Lasciando la diga alle spalle si percorre la valle del Vajont fino a Cimolais, per poi scendere costeggiando il fiume Cellina fino a Barcis.
L’area sosta comunale è tra il cimitero e il lago artificiale, con una ventina di ampi stalli, allaccio alla rete elettrica camper service, vicinissima al paese. WiFi gratuito previa registrazione sul portale del comune. Il pagamento è automatizzato, con parchimetro.

Per la visita ai luoghi:

La diga
Arrivati alla diga, nei pressi del parcheggio, c’è un ufficio informazioni dove prenotare le visite guidate. Per informazioni potete visitare questo sito

Il museo Longarone Vajont attimi di storia
Si trova a Longarone, vicino alla stazione. Per info sugli orari, cliccate qui

Il cimitero delle vittime del Vajont
Per info su orari cliccate qui

DUEPERTREFACINQUE.IT
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Daniela

Moglie, Mamma di tre ragazze, insegnante, amante dei viaggi avventura on the road. Montagna, oudoor e tutto il bello che c'è nell'andare alla scoperta di luoghi nascosti

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5 COMMENTS

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    Due Ingiroblog

    Già, importante è non fermarsi !! Anche noi "un domani" abbiamo in mente un camper 😉

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    daniela scerri

    Grazie Minerva. Io quel viaggio l'ho sempre nel cuore, credo non potrò mai dimenticare….

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    Quattro TonidiVerde

    Ci sono stata anch'io, ma non ho approfondito la visita come avete fatto voi. Il tuo racconto è davvero emozionante.
    Mai dimenticare queste tragedie, non potevi fare cosa migliore per onorare tutti quei morti. Brava!
    Minerva

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    daniela scerri

    Grazie per i complimenti, ora andrò a leggere con piacere il vostro! Mi fa sorridere e mi piace il vostro nome: due in giro….mi ricorda tanti bei momenti quando, anche noi in giro eravamo solo due…ora siamo un piccolo esercito ma l'importante è sempre "essere in giro"! Un abbraccio!

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    Due Ingiroblog

    Davvero complimenti per l'articolo. Anche noi ne abbiamo scritto uno, ma il vostro è davvero toccante, ci ha fatto venire i brividi.
    E poi con il meteo che avete trovato sicuramente vi ha fatto venire ancora "più male al cuore".
    dueingiro.blogspot.it

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