Search here...
TOP
Estate Inverno Montagna Trekking

Trekking in montagna: le 5 domande da non fare mai!

Organizzare un trekking in montagna richiede una buona dose di conoscenza dell’ambiente naturale, una capacità organizzativa nel fare lo zaino  e la voglia di affrontare dislivelli, ma questo non basta.

Ci sono regole non dette che mostrano in un modo o nell’altro quanto una persona abbia attitudine verso le Terre Alte. Per imparare ad andare in montagna, ci sono tanti modi. Frequentare corsi CAI, documentarsi e poi, sicuramente l’esperienza sul campo.

Non mi reputo una esperta ma se penso a tutti gli errori che ho collezionato in anni di cammino, posso vantare un buon passaporto di figuracce e sciocchezze che oggi probabilmente non ripeterei più. Nel corso di questi anni ho affinato molto la tecnica sul sentiero e non mi riferisco a particolari capacità ma proprio ad una modalità di approccio che ha cambiato il mio punto di vista.  Ecco qui, sulla base della mia esperienza personale, le domande che non si devono mai fare quando si va in montagna. Per gettare luce su fattori imprescindibili che rappresentano le cose che si devono sapere quando si va in montagna.

 Il sentiero è difficile?

Trekking in montagna le domande da non fare

Se non prendiamo in considerazione tracciati tecnici con passaggi particolarmente complicati dove magari sono necessari imbrago o altre attrezzature particolari, (dove è palese che si tratta di terreno per esperti), a questa domanda è impossibile rispondere con certezza. La percezione della difficoltà di un sentiero è assolutamente personale e pertanto, ciò che potrebbe essere facile per una persona, per l’altra potrebbe essere ben diverso. Ci sono tanti fattori da considerare per dire se un sentiero è facile o difficile e soprattutto, bisogna capire quei fattori come influenzano la nostra percezione del camminare in montagna. Ci spaventano piccole roccette da superare? Soffriamo di vertigini oppure sentieri leggermente esposti sono per noi un gioco da ragazzi? La lunghezza e il dislivello sono altri elementi che potrebbero farci valutare  se un sentiero è facile o difficile.

Quando si va in montagna, pertanto, mai chiedere se un sentiero è difficile perché la risposta sarebbe sulla base della percezione di chi sta rispondendo.

E allora che si fa?

Bisogna fare riferimento a dati oggettivi che non cambiano mai. Ecco qui la classificazione del CAI sulla difficoltà dei sentieri che ci fa comprendere la domanda giusta che dovremmo porre: qual è la classificazione CAI del sentiero?

Difficoltà Escursionistiche

Le sigle della Scala CAI sono quattro e distinguono l’impegno richiesto in itinerari di tipo escursionistico.

  • T  (Turistico): Itinerari su stradine, mulattiere o larghi sentieri, con percorsi non lunghi, ben tracciati e che non richiedono capacità di orientamento. Si svolgono di solito sotto i 2000 metri. Richiedono una conoscenza di base dell’ambiente montano e una la capacità di affrontare una camminata.
  • E  (Escursionistico): Itinerari che si volgono su terreni di ogni genere (pascoli, detriti, pietraie), di solito con segnalazioni; possono esservi brevi tratti pianeggianti o lievemente in pendenza. Si snodano sempre con segnalazioni adeguate. Possono svolgersi su pendii ripidi, dove tuttavia i tratti esposti sono in genere protetti o assicurati (cavi). Possono avere singoli passaggi, o tratti brevi su roccia, non esposti, non faticosi né impegnativi, grazie alla presenza di attrezzature (scalette, pioli, cavi) che però non necessitano l’uso di equipaggiamento specifico (imbragatura, moschettoni, ecc.). Richiedono un certo senso di orientamento, come pure una certa esperienza e conoscenza dell’ambiente alpino, allenamento alla camminata, oltre a calzature ed equipaggiamento adeguati. Costituiscono la grande maggioranza dei percorsi escursionistici sulle montagne italiane.
  • EE  (per Escursionisti Esperti): si tratta di itinerari generalmente segnalati ma che implicano una capacità di muoversi su terreni particolari. Sentieri o tracce su terreno impervio e infido (pendii ripidi e/o scivolosi di erba, o misti di rocce ed erba, o di roccia e detriti). Terreno vario, a quote relativamente elevate (pietraie, brevi nevai non ripidi, pendii aperti senza punti di riferimento, ecc.). Tratti rocciosi, con lievi difficoltà tecniche (percorsi attrezzati, vie ferrate fra quelle di minore impegno). Rimangono invece esclusi i percorsi su ghiacciai, anche se pianeggianti e/o all’apparenza senza crepacci perché il loro attraversamento richiederebbe l’uso della corda e della piccozza, nonché la conoscenza delle relative manovre di assicurazione.
  • EEA per Escursionisti Esperti, con Attrezzature

Questa sigla si utilizza per certi percorsi attrezzati o vie ferrate, al fine di preavvertire l’escursionista che l’itinerario richiede l’uso dei dispositivi di autoassicurazione.

Quanto ci vuole ad arrivare al rifugio/in vetta/a destinazione?

Trekking in montagna le domande da non fare

Altra domanda alla quale è impossibile rispondere perché dipende da fattori strettamente soggettivi. La velocità di camminata è strettamente correlata al tipo di camminatori che siamo. Esperti, allenati, con bambini al seguito, con ginocchia malandate o con poco fiato. Là dove un camminatore esperto impiega un’ora per arrivare, per una famiglia potrebbe trasformarsi in una gita di un giorno intero!

E allora che si fa?

Si fa riferimento ancora una volta a due dati oggettivi imprescindibili: dislivello e sviluppo del sentiero. La domanda giusta da fare sarebbe: qual è il dislivello del sentiero? E su che distanza è “spalmato”? Tenete presente che in genere in montagna si percorrono 300 mt di dislivello all’ora, pertanto il calcolo è presto fatto. Un sentiero con 600 metri di dislivello è percorribile in due ore di cammino. Poi queste due ore vanno calibrate sulla base del tipo di camminatori che siamo. Con i bambini sarà sicuramente un tempo da aumentare, se siamo allenati, potremmo anche stare sotto quel tempo.

Il sentiero/ il tracciato è adatto ai bambini?

Trekking in montagna le domande da non fare

In tanti spesso mi fate questa domanda e questa mi mette sempre in crisi. Perché ci sono bambini e bambini. Ci sono bambini che sono arrivati in vetta al Resegone all’età di sei anni e bambini che appena indossano gli scarponcini si ostinano a non volere camminare. Al netto di situazioni particolarmente tecniche o esposte, a bambini abituati a camminare si può proporre molto. Anche mete ambiziose. Quindi dire a priori che certe mete assolutamente non sono per bambini non è corretto perché la realtà dimostra che non è così. Così come non sarebbe corretto affermare che tutti i sentieri che fanno i grandi si possono solcare con piccoli scarponcini.

Trekking in montagna le domande da non fare

E allora che si fa?

Il mio suggerimento è quello che si esprime con una parola molto importante: sopralluogo e che è quello che abbiamo sempre fatto noi prima di portare le nostre ragazze su sentieri particolari. Andate solo voi adulti a percorrere il sentiero e valutate la sua fattibilità sulla base dell’attitudine alla montagna dei vostri bambini. Chi di voi meglio li conosce? A mio discapito dico di non fidarvi di quello che si legge in rete. Sia quando leggete assolutamente è un no per i bambini, che quando leggete adatto a tutti. Non c’è occhio migliore per valutare che quello di una mamma e un papà! Ecco quindi che salire in vetta alla Grignetta coi bambini necessita della precisazione che è impegnativo ma noi con la nostra piccola ci siamo saliti perché abbiamo valutato che per le sue capacità era in grado di sostenere questa difficoltà!

Com’è il sentiero? C’è tanta neve/ghiaccio? Vorrei andare settimana prossima. Porto le ciaspole o i ramponi?

Trekking in montagna le domande da non fare

 

Questa è una delle domande più pericolose si possano fare quando si vuole andare in montagna in inverno perché le condizioni del sentiero cambiano di giorno in giorno. Non si può chiedere come attrezzarsi se con ciaspole o ramponi se si sta programmando di andare dopo diversi giorni. Il meteo cambia in modo repentino e non è possibile avere una situazione in tempo reale di quello che si potrà trovare.

E allora che si fa?

Si fa la domanda: ci sono rifugisti sul percorso che posso contattare e che mi possono informare sulle giuste condizioni del sentiero in tempo reale? La figura dei rifugisti, spesso considerati come dei semplici camerieri in quota, è invece una figura molto importante e fondamentale perché sono le sentinelle delle Terre Alte. A loro ci dobbiamo rivolgere per sapere come organizzarci e per non sbagliare mai perché solo loro, che sono in loco, conoscono la situazione reale.

Scusi, quanto manca?

Trekking in montagna le domande da non fare

Questa domanda è fuori concorso e l’ho inserita per farvi un po’ ridere. Alzi la mano chi, chiedendo agli escursionisti che si incrociano sul sentiero “Scusi quanto manca?” non si è sentito rispondere “5 minuti“.

Il “mancano 5 minuti” insieme alla frase “poi spiana” sono tra i momenti più esilaranti dell’andar per sentieri perché non sono mai veritieri ma fanno parte di quelle risposte ridanciane che non tramonteranno mai.

E allora che si fa?

In questo caso (a parte essere dotati traccia gpx che ci dà l’esatta idea di dove siamo e quanto manca) non ci resta che sorridere, salutare come si fa di solito in montagna, goderci il paesaggio. Un passo dopo l’altro, si arriva in vetta!

DUEPERTREFACINQUE.IT
blank

Daniela

Moglie, Mamma di tre ragazze, insegnante, amante dei viaggi avventura on the road. Montagna, oudoor e tutto il bello che c'è nell'andare alla scoperta di luoghi nascosti

«

»

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Il contenuto è coperto da copyright